venerdì 19 febbraio 2010

Vancouver, Lysacek spodesta lo zar russo dei ghiacci

Dice di ispirarsi agli uccelli, non conta i giri in aria, ma come battono le ali.
Vincere un titolo olimpico nel pattinaggio senza volteggiare per quattro volte prima di ricadere sul ghiaccio si può, perchè Evan Lysacek, 25 anni, al talento preferisce il cuore: quello che ha messo per strappare la corona dalla testa dello zar, quell'Evgeni Plushenko tornato a rimettere i pattini dopo una pausa lunga quasi un quadriennio per bissare il titolo vinto a Torino nel 2006, il russo che con le sue combinazioni inaccessibili a tutti pensava di avere già vinto.



Ma la matematica applicata alla danza non basta, e così il ragazzo americano si è preso tutto, titolo e rivincita su chi come l'avversario arrivato da san Pietroburgo anche alla vigilia di questi Giochi a Vancouver aveva sentenziato: «Senza un salto quadruplo il pattinaggio maschile non esiste».
Per i giudici del Pacific Coliaseum esiste e vale la medaglia più preziosa, il sogno che Lysacek inseguiva da quando nel 2003 è volato a Los Angeles alla corte di Frank Carroll, il tecnico che forgia i campioni, lo stesso di Carolina Kostner: ha lavorato su di sè questo ragazzo alto quasi un metro e novanta, diverso dal resto della brigata che pattina, perchè non sfoggia lustrini, e ha incantato la giuria per la sobrietà applicata all'intensità dell'interpretazione. Sulle note di Sheherazade di Rimskij Korsakov, l'americano nato a Chicago e che deve ai pattini regalati da sua nonna a un Natale la fortuna di atleta, ha scelto la strada di chi non osa: nessun quad (come si chiamano in gergo), ma una serie di combinazioni di tripli, e trottole quasi a sfiorare il ghiaccio, e poi ancora sequenze di passi infuocati che lo hanno trascinato fino a 257.67, il suo massimo, ottenuto nel giorno giusto contro il rivale che ognuno sogna di battere.



Un punto e mezzo sopra il divino, che ribalta quel soffio che lo costringeva a inseguire dopo il programma corto. Il cigno biondo nel suo tango appassionato ha flirtato con le telecamere, tra mosse accattivanti e baci. Naturalmente ha saltato il suo quadruplo, seguito da un triplo toe-loop, ma senza riuscire a chiudere il doppio loop della combinazione. Un totale di 11 salti da brividi. «Alla fine del mio programma ero convinto di aver vinto, ma a Evan serviva più che a me questa medaglia. Io l'ho già vinta» dice Plushenko. E alla premiazione il lapsus lo aveva spinto sul gradino più alto, salvo poi accorgersi dell'errore e tornare arrossito, salutando il pubblico, sulla pedana dell'argento. Lysacek, oro all'ultimo mondiale di Los Angeles, non ha sbagliato niente, e ha riportato negli Usa quel titolo che mancava da 22 anni, da quando Brian Boitano vinse a Calgary. «La missione è compiuta - ha detto il nuovo campione olimpico - Ho raggiunto il massimo nel momento più importante della mia vita: adoro questa gente, adoro questo ghiaccio».



Lysacek, capelli impomatati e rifiuto dei lustrini. «Fare il pattinaggio forse non era naturale per me, ma più che il talento serve il cuore. E poi perseverare». Lo zar però insiste: non grida al complotto (i rumors della vigilia ipotizzavano trame per far fuori Plushenko dall'oro), bacia la medaglia, ci complimenta col nuovo campione. Ma sui salti non cambia idea: «Credo si debba modificare il sistema di giudizio - dice il russo -. Un campione olimpico che non sa come si salta, beh non saprei: non è pattinaggio di figura, sta ballando». Lysacek replica dicendo che «è un onore vincere davanti a Plushenko, mi ha ispirato e motivato».



Il futuro del pattinaggio, anche per i maschi, viene dall'Oriente: ha la faccia di Daisuke Takahashi, un bronzo non esente da una caduta (a terra finiscono quasi tutti, compreso Stephan Lambiel alla fine quarto, l'idolo di casa Patrick Chan, quinto, il francese Brian Joubert addirittura 16/o, male anche Samuel Contesti 18/o) ma la sua interpretazione de La Strada di felliniana memoria è stata travolgente. A Vancouver anche gli dei cadono, ma Plushenko giura che si sentirà ancora parlare di lui: «Dopo questa sconfitta non abbasso le braccia, non mi arrendo. Ricomincio e vado avanti». Aveva contato i suoi salti, ma non fatto i conti con l'americano, quello che ha imparato a volare sul ghiaccio guardando gli uccelli. http://tinyurl.com/yajzrce

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