lunedì 25 agosto 2008

Fidel Castro al CIO: "Non sono obbligato a rimanere zitto davanti alla mafia"

Gli italiani non sono i soli a sentirsi derubati dagli arbitri alle Olimpiadi di Pechino (il caso più clamoroso è il quarto posto della squadra di ginnastica ritmica nel concorso a squadre).
Anche Fidel Castro ha qualcosa da dire al CIO e non usa mezze parole:
"Non sono obbligato a rimanere zitto davanti alla mafia".
E' solo una fra le tante frasi pesanti che il leader cubano usa per denunciare il trattamento subito dagli atleti cubani a Pechino. A Castro non sono piaciuti gli arbitraggi del torneo di pugilato - sport in cui Cuba è tradizionalmente forte - dove sostiene che due pugili sono stati eliminati ingiustamente in semifinale. Inoltre esprime la sua solidarietà al lottatore di taekwondo Angel Valodia Matos che ha tirato un calcio in faccia all'arbitro al termine dell'incontro.

Il punto più interessante del discorso di Fidel Castro riguarda però l'intreccio fra sport e affari. Per Castro la corruzione arbitrale è legata a doppio filo alle naturalizzazioni facili e serve a "portare a termine il lavoro di chi ruba atleti ai paesi del Terzo Mondo".
Al di là delle opinioni che si possono avere sul singolo caso arbitrale va detto che Fidel Castro ha sollevato un problema - quello degli atleti che cambiano bandiera - che è molto spinoso e nel prossimo futuro potrebbe creare dei problemi allo sport (alla sua gestione e alla credibilità dello sport agli occhi degli spettatori, già minata da risultati che puzzano di doping, arbitraggi dubbi e imbrogli sulla vera età degli atleti).

Vedi:
La giuria trasforma la ginnastica ritmica in un circo. Derubate le ragazze italiane;
Anelli, la giuria scippa l'Italia. Coppolino e Morandi fuori dal podio per dare l'argento a un atleta di casa;
Yang Yilin è troppo piccola per partecipare alle Olimpiadi?

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